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I “Radicchi di Busa” dell’Ortodidattico!

Sabato 10 dicembre, con inizio alle ore 15.00, presso l’Ortodidattico i rappresentanti di Slow Food verranno a visitare la struttura per capire e comprendere le tecniche naturali che utiliziamo per coltivare la biodiversità. Con l’occasione parleremo del “Radecio de busa” e del suo riconoscimento come presidio Slow Food.

Che cos’è il radicchio di busa?

“La busa” è una tecnica di forzatura dei radicchi praticata a Lusia fino alla fine degli anni ’70 e poi in disuso per gli alti costi di manodopera.
Consisteva nel cavare i radicchi dopo che hanno preso alcune ghiacciate lasciandogli una decina di cm. di radice, sgrossarli dalle foglie esterne e reimpiantarli nella sabbia dell’Adige in una buca scavata in mezzo al campo e riscaldata da letame in fermentazione o in una posta della stalla.

Dopo una ventina di giorni tutte le foglie del radicchio sono marcite e hanno lasciato percolare nella sabbia il loro umore che, assorbito dai peli radicali della radice assieme alla mineralità della sabbia, hanno contribuito a sviluppare un nuovo grumolo germogliato proprio nel cuore del vecchio radicchio. L’occhio esperto dell’agricoltore capisce qual è il giorno prima che da questo grumolo si alzi la canna per andare a seme: è il momento della maggior concentrazione delle sostanze nutritive. È questo germoglio che mangiamo.

L’antica tecnica recuperata all’Ortodidattico

L’Ortodidattico ha ripreso l’originaria tecnica facendo le “buse” in una moderna serra ove vengono riprodotte le condizioni di temperatura e umidità delle vecchie stalle. Stiamo facendo tutto come negli anni cinquanta per riproporvi le cose buone che diventano tali solo con tanto lavoro, pazienza ed anche un po’ di sapienza.

Qualcuno se li ricorderà quei radicchi, spariti alla fine degli anni ottanta. Si presentavano al consumatore come un grumolo compatto, della forma e dimensione di un uovo di gallina con una corta, appuntita radice. Le foglie strettamente avvolgenti erano di un giallo chiaro con puntini e leggere striature violacee. Si mangiava tagliato in quattro spicchi, compresa la radice, esclusivamente in insalata, leggermente condito. Un turbinio di sensazioni tattili e gustative si sprigionavano nella bocca, una persistenza aromatica intensa accompagnava il fortunato consumatore che solo con questo ortaggio aveva la possibilità di fare un perfetto equilibrio gustativo con le prime fette del fresco salame. Poi quella delizia, quel nostrano tartufo per tanti ristoratori anche fuori del Veneto è sparito. È stato ucciso dalla necessità della quantità, dalla modificazione dell’ambiente e dalla indisponibilità del moderno consumatore a pagare tutto il lavoro manuale necessario.

Ci è venuta la follia di riproporlo.

L’abbiamo seminato in semenzaio a luglio, trapiantato in agosto, accudito con zappa, irrigazione e qualche pizzico di amore fino ad autunno inoltrato. Poi abbiamo lasciato che lavorassero le piogge e l’alternarsi delle brine. Con una profonda vangata ogni singolo radicchio è stato delicatamente tolto dal fango con quanta più radice possibile e, sgrossato dalle foglie marcescenti, ripiantato sulla sabbia dell’Adige stesa nella serra.
Le coltivazioni dei radicchi dell’Ortodidattico avvengono con le tecniche della biodiversità, senza nessun impiego né di concimi né antiparassitari, ma curando la presenza e lo sviluppo in equilibrio di tutta la flora e fauna autoctona. La Biodiversità si prende cura dell’ambiente affinché sia questo a mantenere sane le produzioni.

Non solo cibo sano ma anche territorio risanato e aria pulita.

Che tipologie di radicchio abbiamo utilizzato?

Non abbiamo più seminato il classico “Lusia” perché ormai è introvabile il seme originario. Riproponiamo invece diverse varietà di radicchi coltivati però con la tecnica tradizionale:

  • il “Rosa di Lusia”, costituito recentemente incrociando quel che rimaneva del bianco di Lusia con il rosso Verona e poi riproducendo i semi continuando a selezionare i cespi migliori;
  • il tipo “Castelfranco”, partendo da questa tipologia e selezionando i cespi che dimostravano più attitudine all’imbianchimento in busa;
  • la tipologia “Treviso tardivo”, che nella zona classica di produzione viene imbianchito nelle vasche d’acqua, all’ortodidattico viene maturato in sabbia;
  • il “Rosso del Carso”, adattando questa tipologia alle nostre terre e alla maturazione in busa.

Quando potrete assaggiarlo?

Sabato 10 dicembre Francesco toglierà dalla sabbia tutte e quattro queste tipologie di radicchi e, con abile mano, estrarrà dal groviglio di foglie ormai marce il compatto e croccante grumolo, gli rifilerà la radice, lo laverà accuratamente e lo metterà a vostra disposizione.
Siamo convinti che molti degli affezionati frequentatori dell’Ortodidattico saranno in grado di apprezzarlo.

Nel video qui di seguito Francesco ci illustra la lavorazione che ogni radicchio di busa subisce prima di essere inserito nelle cassette che potrete trovare presso il nostro spaccio.